Questa bella tela propone i molti studi eseguiti dall’Aldi per realizzare le fisionomie degli ebrei che assistono al Trionfo di Giuditta nel dipinto presentato nel 1887 a Siena e l’anno seguente all’Esposizione Vaticana, dove fu premiato con la medaglia d’oro (ora conservato nei Musei Vaticani). In alcune delle teste è riconoscibile il volto di Leonardo Coretti, un concittadino di Manciano appartenente ad una famiglia nota per l’attaccamento al mondo della chiesa e per la condotta caritatevole e misericordiosa, in tutto ispirata al Vangelo, come notava Lilio Niccolai (L. Niccolai, Il ritratto nell’opera di Pietro Aldi in Marziali 1988, p. 59) nel commento al Ritratto di Leonardo Coretti presente nella collezione del Polo Aldi (inv. n. 21): l’aspetto spirituale del suo volto e la conosciuta fede religiosa lo rendono modello ideale per uno dei vecchi ebrei che inneggiano all’eroina sulla sinistra della grande tela.
L’opera è di particolare importanza per rappresentare il metodo di lavoro seguito dal pittore: egli partiva da attenti studi dal vero che risolveva in bozzetti veloci, con una pittura a macchia che costruisce con immediatezza, fermando i dettagli necessari ad esprimere il carattere del soggetto ed in questo caso i molti ritratti riuniti in una unica superficie gli sono utili per valutare anche gli accostamenti cromatici da tenere nell’opera finale, dove i personaggi sono tanti, vicini fra loro, con un effetto di calca già suggerito da questi studi. Infatti, i vari commentatori della Giuditta furono concordi nell’ammirare la perfetta armonia dei colori e la suggestiva atmosfera evocata in questo scorcio d’Oriente biblico, in cui vengono evitati gli aspetti macabri e terribili preferiti dai tanti pittori caravaggeschi che trattano il tema, per esaltare la solennità del trionfo voluto da Dio e da Lui benedetto e, dunque, confermare la grandezza della Chiesa nei secoli, secondo il preciso desiderio del pontefice (vedi F. Petrucci, Gli ultimi lavori, in Pietro Aldi pittore 2019, pp. 136-137).