L’avvenimento storico della disfida di Barletta avvenuta il 13 febbraio 1503 nel territorio di Trani, allora di giurisdizione veneziana, tra tredici cavalieri italiani ed altrettanti cavalieri francesi, era ritornato celebre in epoca romantica grazie al romanzo di Massimo d’Azeglio, edito nel 1833 ed in seguito ripubblicato in numerose edizioni. La disfida era nata per difendere l’orgoglio dei combattenti italiani, motteggiati per certi comportamenti apparentemente codardi e, pertanto, offriva un tema di patriottismo attuale durante tutto il Risorgimento. L’ Aldi conduce questa opera giovanile con gestualità enfatica e colori risentiti, a rievocare la rivalità esistente tra i due schieramenti e l’eroismo che aveva guidato gli italiani al trionfo. In questi primi anni di attività pittorica l’Aldi si ispira spesso a storie antiche attualizzate da narratori contemporanei, come nel caso delle sue opere di Ghino di Tacco e di Buoso da Doara (vedi scheda precedente), riprese dal volume della Battaglia di Benevento, di Francesco Domenico Guerrazzi, uscito nel 1827 e subito accolto da grande successo.
La disfida di Barletta
Pietro Aldi
Manciano, 12 luglio 1852 – 18 maggio 1888
Nato da agiati proprietari terrieri, nel 1864 Pietro Aldi si iscrive all’Istituto di Belle Arti di Siena, guidato da Luigi Mussini. Vince il concorso triennale del 1873 e l’anno successivo, con La sconfitta di Corradino di Svevia a Tagliacozzo, ottiene il premio Biringucci della Società di Esecutori di Pie Disposizioni di Siena, che gli permette di recarsi a studiare a Venezia, Firenze e Roma, dove lavora con Cesare Maccari. Nel 1876 invia a Siena L’adultera come saggio di studio, ma ai primi dell’anno seguente è costretto a rientrare a Manciano per problemi di salute che, purtroppo, diventeranno frequenti.
Nel 1878 presenta a Roma il Buoso da Doara, che ottiene grande successo; nel 1880 esegue il quadro San Paolo della Croce che riceve dalla Vergine e dal Bambino l’ispirazione di fondare quel cenobio per il convento dei Padri Passionisti di Monte Argentario. Allo stesso anno risale I funerali di Pompeo Magno, esposto a Torino nell’81, e nel 1883 partecipa alla Mostra internazionale di Roma con Le ultime ore della libertà senese, che ottiene un notevole apprezzamento critico; nello stesso anno, nel Cimitero della Misericordia di Siena, affresca gli Angeli intercessori nella cappella Pollini e la Carità nella cappella Franci. L’anno successivo esegue il S. Giuseppe con Gesù Bambino per la chiesa di San Nicola a Sorano e porta a termine i due grandi quadri per la Cattedrale di Pitigliano con momenti salienti della vita di Gregorio VII.
Nel 1886 dipinge nella Sala Monumentale del Palazzo Pubblico di Siena le scene dell’ Incontro di Vignale ed il celeberrimo Incontro di Teano; due anni dopo presenta Il trionfo di Giuditta, un’opera di grandi dimensioni (ora Roma, Musei Vaticani); contemporaneamente inizia la tela con Nerone che contempla l’incendio di Roma, da inviare all’Esposizione Internazionale di Parigi dell’89, che rimane incompiuta.